venerdì 17 aprile 2020

Erasmus as a teaching style




Great things never came from comfort zones è la frase che mi ha accompagnato in queste mie esperienze Erasmus in quanto molto spesso, consapevolmente o inconsapevolmente - mi sono ritrovata al di fuori della mia zona comfort e ho dovuto, per necessità, sviluppare le mie capacità di problem solving.
Queste esperienze mi hanno fatto maturare come persona e futura insegnante, sollecitandomi a osare, non solo nella vita, ma soprattutto nell'insegnamento.
Si è scelto di dedicare il lavoro di tesi all'esperienza Erasmus per il convincimento che sia significativo e importante tanto trasmettere l’entusiasmo provato nel vivere da giovane europea quanto condividere con gli altri la realtà scolastica sperimentata, diversa da quella italiana.
Raccontare ciò che ho potuto osservare durante i miei tirocini in Svezia, ciò che ho potuto mettere in pratica, cosa ho potuto sviluppare.
Dopo una breve presentazione del progetto Erasmus a cui si è preso parte, le argomentazioni muovono da una breve esposizione del contesto nazionale svedese per poi concentrarsi sul sistema scolastico, in particolare sulla scuola Vittra, e giungere all'esperienza nei suoi diversi riguardo spazi, metodi e strategie di insegnamento e di apprendimento, uscite scolastiche, meeting scolastici; infine, si propongono alcune riflessioni circa le competenze personali e professionali sviluppate grazie a tale esperienza.
L’Erasmus non è solo un’esperienza di studio ma è soprattutto un’esperienza di vita: non sviluppa solo le competenze necessarie per un futuro lavoro, ma modifica la personalità, facendoti conoscere parti di te che non avresti mai immaginato di possedere, sviluppando il pensiero critico e sollecitando un nuovo modo di guardare agli altri e al mondo.

(Federica Brattoli; Incipit tesi di laurea: Un insegnamento differente)































L’esperienza fatta mi sollecita a proporre di organizzare incontri e seminari sulla formazione dei docenti e sugli approcci di insegnamento all'estero, nonché avere attenzione alla preparazione di quanti scelgono di fare la scelta di trascorre parte della loro carriera studentesca all'estero.
In proposito, credo opportuno porre in luce la diversità delle due esperienze.
Quando partii la prima volta ero tranquilla in quanto ero con la mia collega Francesca e tornai con l’idea di voler ritornare all'estero perché vedevo l’Italia come un paese in cui non avrei potuto esprimere me stessa, un paese con una scuola che offre poche possibilità di poter praticare un apprendimento autentico, che offre pochi spazi, pochi servizi.
Soprattutto mi metteva tristezza che gli altri Paesi europei prendessero ispirazione da Loris Malaguzzi e Maria Montessori, mentre noi italiani non avevamo gli strumenti e gli ambienti per poterlo fare.
Pensavo “Perché rimanere in Italia quando all’estero potrei avere una vita più semplice?!”. Invece, in questa seconda esperienza sono partita più impaurita in quanto ero da sola, ma sono tornata con un bagaglio di emozioni, di conoscenze, di pensieri, di sogni, di progetti.
Sono tornata con una maggiore consapevolezza del lavoro che andrò a fare, con la voglia di voler fare di più, di imparare di più e di trasmettere agli altri lo stesso entusiasmo che ho.
Ho fatto un’osservazione più critica riguardo alla differenza della scuola italiana con quella svedese.
Penso che a livello di insegnamento utilizziamo più o meno le stesse strategie e gli stessi metodi, anzi, forse noi italiani siamo anche più attenti ai dettagli quando dobbiamo pianificare, eseguire e valutare una lezione.
La differenza ricade sul contesto in quanto viviamo due contesti completamente diversi. In Svezia, a differenza dell’Italia, c’è un forte senso di civiltà, un senso di responsabilizzazione, di sentirsi cittadini attivi con pieni diritti e doveri.
Gli svedesi hanno un’affinità speciale con la natura e praticano tante attività sostenibili. Sono particolarmente attenti al riciclo, all'utilizzo della plastica, della carta, sono molto gentili e accoglienti verso gli immigrati.
Hanno un governo che li sostiene, che non crea un divario tra i diritti degli uomini e quelli delle donne, anche per quanto riguarda i salari. Un governo che investe sull'educazione, sull'istruzione, che offre la possibilità agli studenti di frequentare gratuitamente la scuola e l’università.
Fornisce alle istituzioni scolastiche i soldi da poter sfruttare per i materiali, per le tecnologie, per gli spazi di apprendimento.
Per questo, la seconda volta sono tornata pensando che l’Italia è la nazione in cui voglio vivere e voglio cercare di trasmettere tutto quello che vissuto in Svezia per cercare di migliorare il nostro – e mio – sistema scolastico.

(Federica Brattoli, Considerazioni personali tesi di laurea)




Qualche mese fa comprai Il piccolo vagabondo, un silent book di piccole storie sul viaggio, storie di quotidiano spaesamento, dolore, fatica, sconforto.
Scritto dalla giovane autrice Crystal Kung; narra di un silenzioso viaggiatore che irrompe per pochi istanti nella vita di personaggi adulti, riuscendo con un gesto o con un piccolo dono a cambiare la loro esistenza e la loro visione del mondo circostante.
Il suo scopo? Aiutare chi si sente smarrito a ritrovare la propria strada.
Quando iniziai Scienze della Formazione Primaria anch'io mi sentivo smarrita.
Voglio pensare che le persone che ho incontrato in questo percorso universitario siano state un po' per me come il piccolo vagabondo, in quanto mi hanno aiutato a ritrovare la mia strada. (...)


Ringrazio Sofia Corradi, mamma Erasmus.
Grazie alla sua battaglia ha realizzato il sogno di tanti ragazzi che come me sono andati all’estero.
È grazie a lei se è nata la Generazione Erasmus.
Grazie a lei ho potuto realizzare il mio sogno di andare in Svezia, di conoscere una realtà diversa, di abbattere le barriere culturali e linguistiche.
Mi impegnerò nel continuare a “combattere la sua battaglia”, del portare nelle scuole quella voglia e quella passione di poter studiare all’estero, realizzando così i sogni delle generazioni prossime.
Una battaglia che ormai è diventata anche un po' mia. 

(Federica Brattoli, Ringraziamenti tesi di laurea)

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