Oggi è il giorno della liberazione e non mi sono sentita libera.
Mi sono sentita intrappolata nella mia ansia.
L’ansia di non fare abbastanza a lavoro.
L’ansia di non fare bene il mio lavoro.
L’ansia di non sentirmi una brava insegnante.
L’ansia di non riuscire a riprovare quelle sensazioni che ho provato durante il mio ultimo Erasmus.
Mi manca sentirmi piena, non sto dicendo che mi sento vuota ma mi sento stretta e l’Erasmus mi faceva sentire ogni giorno libera.
Quando la gente mi chiede perché ho deciso di fare l’insegnante sorge spontaneo domandare anche “Ti piacciono i bambini?”
Non so perché la gente dia sempre per scontato che ad un’insegnante piacciano i bambini.
Mi piace insegnare, mi piace la formazione, mi piace cambiare.
Faccio l’insegnante perché voglio cercare di cambiare quel pezzettino di mondo intorno a me.
Quando guardo i miei alunni cerco di ritrovare il mio bambino interiore e penso spesso a com’ero da bambina.
Penso come ho passato la mia infanzia, la mia adolescenza.
Ho vaghi ricordi, ricordo principalmente le cose traumatiche o che mi hanno fatto soffrire nonostante fossi una bambina serena, dolce e solare.
Ero una bambina altruista, ricordo che cercavo sempre di mettere la pace tra i miei compagni, che sorridevo sempre e amavo pitturare e mangiare. Passavo le ore a dipingere.
Grazie a questo lavoro ho ritrovato tutte le passioni che avevo da bambina e ragazzina: l’arte, la musica, la tecnologia.
L’adolescenza mi ha cambiata: ero triste, mi sentivo brutta, non intelligente.
A parte la mia famiglia che mi ha sempre sostenuta, le persone intorno a me mi hanno fatto credere che fossi brutta, che non valevo niente.
Ho sofferto di bullismo. I miei compagni mi prendevano in giro per dei difetti fisici, per come mi vestivo, per ogni cosa.
Mi nascondevano le cose, mi facevano “scherzi” poco piacevoli.
Non sapevo difendermi e l’unica cosa che facevo era quella di piangere.
Ci sono stati professori che dicevano che non sarei stata mai in grado di fare l’università e che non avrei fatto niente nella vita. Così, un po' per volta, abbandonai tutte le mie passioni.
Solo una professoressa, alle scuole medie, “mi prese per mano” e riuscì a trovare in me quello per cui ero portata. Lei era una professoressa che lavorava veramente per competenze, cercava di trovare i nostri punti di forza e li valorizzava.
Grazie a lei ho sviluppato le mie competenze tecnologiche, mi proponeva progetti in cui dovevo montare video, realizzare presentazioni power point.
Lei mi aveva fatto sentire importante.
Solo ora penso che non le abbia mai detto grazie abbastanza per quello che ha fatto per me.
Per questo faccio l’insegnante: non voglio che le nuove generazioni si sentano come mi sono sentita io e come si sono sentiti tanti altri ragazzi.
Vorrei che i miei alunni si fidassero di me, che si sentano in grado di poter fare qualsiasi cosa nella vita, che credano in sé stessi.
Vorrei che non considerassero la scuola come un ambiente frustrante che ti tappa le ali ma un luogo dove poter emergere, vorrei farli credere nei propri sogni.
Vorrei sensibilizzarli al rispetto degli altri e dell’ambiente, ad ascoltare il prossimo, a parlare di sé ed esprimere i propri stati d’animo, a fare ciò che li fa stare bene e ad accettarsi.
Vorrei insegnare loro che il mondo non è solo la realtà che viviamo ogni giorno ma che fuori c’è un mondo da scoprire, delle culture da conoscere, dei luoghi da esplorare, dei paesaggi da ammirare.
Questa la bellezza della vita.
Per questo faccio l’insegnante: perché voglio cambiare quel pezzettino di mondo intorno a me.