Sempre in quegli anni, un giorno, tutti i miei compagni si beccarono una punizione perché non avevano
svolto un esercizio di matematica per casa, a parte me e un'altra compagna. In quel momento, non
so perché, avevo dato per scontato che anch’io fossi in punizione, nonostante
avessi svolto i compiti correttamente. Ovviamente l’insegnante mi dice in
maniera carina che io non dovevo subire la punizione e che potevo fare un
disegno libero mentre aspettavo che i miei compagni la scontassero. Ricordo
perfettamente che il pomeriggio prima mio nonno mi aveva stressato per farmi
svolgere quel compito come diceva lui e io non ero d’accordo sullo svolgimento.
Ecco: se avessi seguito il mio istinto, quel giorno mi sarei beccata anch’io
quella punizione. Forse per questo mi era scattata l’idea che la dovessi
scontare anch’io, in fondo avevo fatto bene quel compito solo grazie a mio nonno.
Alle scuole medie è stato un casino.
Ho iniziato l’anno subendo episodi di bullismo. Ho passato
giorni in cui non avevo nessuna voglia di andare a scuola, mi sentivo brutta,
stupida e volevo solo sparire. All’inizio non dissi niente ai miei genitori, mi vedevano tornare spesso a casa piangendo. Dopo un mese in
cui mi nascondevano zaino, diario, mi minacciavano di picchiarmi, mi prendevano in giro per come mi vestivo o mi comportavo, un giorno come gli altri, andai a scuola come al mio solito, armata
di pazienza e pronta a cercare di difendermi, e vidi tutti i miei compagni
avvicinarsi a me chiedendomi scusa per come si fossero comportati,
dicendomi che non ero io quella sbagliata.
Se penso alla mia vita in quegli anni, faceva veramente schifo. Ovviamente era il periodo adolescenziale, credo che tutti non abbiamo dei ricordi positivi dell'adolescenza.
Purtroppo matematica è sempre stata una disciplina in cui ho riscontrato delle difficoltà nell'apprenderla e spiegarla.
Durante gli esami all'università avevo l'ansia perenne. Mi impegnavo tantissimo, chiedevo aiuto alle mie colleghe, andavo anche a fare lezione privatamente pur di vivere serenamente gli esami, ma sono cresciuta con la convinzione di non essere brava in questa materia.
Mi sono sempre sentita più affine a materie come geografia, arte, musica, letteratura. Ricordo che al liceo, nelle materie come Inglese, Spagnolo e Francese, nel momento in cui dovevo studiare la letteratura, prendevo sempre voti altissimi e solo una volta ho preso un 6 e mezzo in un compito su Tristano e Isotta in Francese. Ricordo perfettamente che ho guardato la mia professoressa e le ho detto "E' impossibile che lei mi abbia messo 6 e mezzo." Arrogante da parte mia, ma non riuscivo a credere che mi avesse messo quel voto. La letteratura mi aveva e ha sempre affascinato e la studiavo molto volentieri e la storia di Tristano e Isotta mi aveva appassionato. Avevo letto libri e visto tutti i film. Insomma, ero preparatissima e il mio francese, a quel tempo, era abbastanza buono. Insomma, quel voto basso era dovuto al mio "troppo coinvolgimento emotivo" rispetto al compito. Mi ero lasciata troppo andare perdendo di vista la vera consegna di quella verifica.
Tutto ciò per dire, che sono cresciuta con la convinzione di essere brava solo in alcune materie, anche se poi durante l'università sono cresciuta con l'idea di non essere mai abbastanza brava.
(Faccio una premessa: ovviamente i miei genitori mi hanno sempre sostenuto e non hanno "alimentato" questo mio "malessere". Anzi, credo che siano molto fieri di me.)
Ho sempre ritenuto le mie colleghe più intelligenti e brave di me. Magari l'unica cosa in cui mi sentivo brava era quella di riuscire a combinare tutte le mie passioni per progettare lezioni. Ma mi sentivo sempre un gradino in basso rispetto alle mie compagne di corso.
Ricordo perfettamente la mia sensazione di quando dovevo preparare una progettazione da presentare all'esame, eppure, nonostante ci mettessi completamente me stessa, mi sono sentita dire che non era mai abbastanza. Come pretendete che cresciamo? Come pretendete che insegniamo?
Durante il liceo mi sono sentita dire da professori che non sarei mai riuscita a fare l'università e non mi sarei mai laureata, eppure eccomi qui a fare l’insegnante alla primaria di Minerbio. Capite perché sono diventata insegnante? Per dimostrare che io ce l'ho fatta.
Dico sempre che grazie all’università ho ritrovato me stessa. Sono finalmente la persona che ho sempre desiderato di poter diventare.
Cerco ogni benedetto giorno di farmi un'analisi su me stessa su come insegno, su come mi relaziono con i miei alunni e la risposta è quasi spesso "Non mi piaccio." E' un pensiero che ho sviluppato quest'anno, credo perché pretendo un po' di più da me stessa.
Mi sento sempre come se non riuscissi a dare e mostrare veramente me stessa.
Per non parlare di questa pandemia, scusate ma per quanto abbia cercato i primi mesi di trovare sempre il positivo in una situazione così drammatica, dopo un anno in cui non possiamo abbracciare i nostri cari, sentiamo notizie di persone che muoiono da un giorno all'altro per colpa di questo virus, l'energia si esaurisce. Credo che siamo giustificati se non riusciamo a dare 100 tutti i giorni e riusciamo dare un giorno 70, un giorno 50 e giorni addirittura 20. Siamo giustificati perché stiamo combattendo ogni giorno per la nostra sanità mentale e fisica.
Arriveranno sicuramente momenti migliori. Credo che abbiamo così tanta poca energia in questo periodo che non ha senso sprecarla con discussioni o accanimenti. Dovremmo utilizzarla per trasmettere ai nostri alunni la fiducia che riponiamo in loro e soprattutto per essere più indulgenti con noi stessi.
Grazie Daniela Lucangeli che con i tuoi libri sto ritrovando un po' me stessa, sia come persona che come docente.